AMICI MIEI di M. Monicelli @ CPA (FI) 8 dicembre 2008


Stasera alla Sala Cinema Enrico Signori, al CPA Firenze sud in via
Villamagna 27/a, per la rassegna di film dedicata ad Ugo Tognazzi "SEMPLICEMENTE… UGO" (ultimo appuntamento prima dell’inizio della nuova rassegna "IN TRENO AL CINEMA" dedicata ai treni), sarà proiettato il film di Mario Monicelli "Amici Miei".


I 5 amici del gruppo: (da sinistra) ‘Il Necchi’ (Duilio Del Prete), ‘il Melandri’ (Gastone Moschin), ‘il Perozzi’ (Philippe Noiret), ‘il Sassaroli’ (Adolfo Celi) ed ‘il Mascetti’ (Ugo Tognazzi).

proiezione in pellicola cinematografica 35mm – inizio film ore 22,30 dopo la intro di Jo La Face – ingresso sottoscrizione 2€

scheda critica e piatto a tema a cura di Alessio il Poeta. È gradito l’omaggio di un bicchiere di vetro per il bar nel foyer della sala.

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estratto dal film: 

fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Amici_miei 

Amici miei, unitamente ad altre famose pellicole dello
stesso periodo, segna l’inizio di un ciclo nuovo e conclusivo di quel
genere comico-cinematografico meglio conosciuto come commedia all’italiana.

L’amarezza, il disincanto, la fine delle illusioni di benessere e le tensioni sociali che caratterizzano l’Italia degli inizi degli anni ’70
fanno la loro comparsa anche in questo genere comico e di costume. La
risata piena si vela di tratti malinconici e tristi, i personaggi
rimangono comici ma diventano amari e patetici. Scompaiono
definitivamente il lieto fine e il finale leggero o comunque umoristico
e lasciano il posto alla precarietà di una condizione umana spesso
senza prospettiva.

Monicelli riprende in questa pellicola il tema della amicizia virile che aveva già trattato in alcuni film precedenti (I soliti ignoti, La grande guerra, L’armata Brancaleone)
e che tornerà a trattare in lavori successivi. Il vincolo, la vitalità
e la complicità del gruppo vengono proposti come risposta alle minacce
esistenziali provenienti dall’ambiente, dal lavoro, dalla famiglia
stessa. I membri del piccolo gruppo di amici vivono la contraddizione
di una vita normale verso la quale sono assolutamente attratti (il
Melandri cerca insistentemente una donna, il Mascetti si abbandona
costantemente ai sogni di nobiltà, il Perozzi vive pericolose avventure
extra-coniugali) ma è fondamentalmente l’appartenenza alla banda che
supplisce, con le sue dinamiche goliardiche, alla carenza delle quali
sono vittime, fornendo così una soluzione, una via di fuga. Il gruppo
reagisce nei confronti di ogni singolo membro che tenta di
intraprendere una via solitaria e mette in atto tutta una serie di
iniziative, compreso il dileggio, per ricondurlo a sé. Anche la morte,
estremo atto solitario del Perozzi, viene vissuta in questa ottica e su
questa originalità si accende il finale del film.

Indice

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Trama [modifica]

Il film ruota intorno al racconto inesauribile delle trovate goliardiche con le quali 5 amici cinquantenni, nella Firenze a cavallo degli anni ’60 e ’70, cercano di prolungare lo stato felice della propria infanzia, fuggendo le responsabilità ed i tormenti della vita adulta.

Il conte Mascetti (Ugo Tognazzi)
è un nobile decaduto che, dopo aver speso – o meglio, sperperato – due
eredità (la sua e quella della moglie), non riesce a far fronte al
sostentamento della propria famiglia, ma che coltiva ciononostante il
gusto del buon vivere e la passione per le relazioni clandestine,
nonché un’inossidabile dignità e senso dell’ospitalità. Il Perozzi
(voce narrante del film, interpretato da Philippe Noiret)
è uno squinternato giornalista di cronaca che cerca di sfuggire la
disapprovazione che gli riversano contro quotidianamente il figlio e la
moglie, tradendo quest’ultima con la moglie del fornaio. Il Melandri (Gastone Moschin)
è un anonimo architetto alla perenne ricerca di una donna, per la quale
sarebbe anche disposto ad abbandonare i suoi tre amici, salvo
ravvedersi all’ultimo momento. Il Necchi (Duilio Del Prete) è invece un barista ed è proprio nel suo locale con annessa sala biliardo
che prendono vita le zingarate alle quali lui stesso partecipa
puntualmente. Ai quattro amici di sempre si aggiunge, nel corso della
narrazione, il professor Sassaroli (Adolfo Celi)
un brillante primario ospedaliero annoiato dalla professione il quale
diventerà in breve uno dei pilastri del gruppo e sotto la cui spinta le
bravate prenderanno nuova vitalità. Del Sassaroli, in nessuno dei tre
episodi, non viene mai citato il nome di battesimo.

La vita dei cinque goliardi sembra snodarsi quotidianamente nella
sola annoiata ricerca dello scherzo e del divertimento quando irrompe
sulla scena la morte improvvisa di uno dei membri del gruppo. Il riso e
il pianto, l’ironia e l’amarezza vivono una commistione perfetta che
raggiunge l’apice nella scena finale, quando i quattro superstiti, pur
piangendo il compagno morto, trovano egualmente lo spirito per mettere
a segno una nuova zingarata,
in una vena dissacratoria che rimane inarrestabile e che arriva a
sbeffeggiare e ridicolizzare anche la morte. Il finale, anche se non
esattamente "lieto", lascerà comunque un sorriso velato di amarezza
sulla bocca degli spettatori.

Si chiude così un capolavoro della commedia all’italiana: con quella
risata che squarcia l’anima, e la cui ricerca è il comune denominatore
dell’opera di Sordi, De Sica, in parte Totò. Una menzione particolare per la meravigliosa colonna sonora, firmata da Carlo Rustichelli.

Curiosità [modifica]

  • nel film ha origine la parola "supercazzola" utilizzata nel gergo
    comune per indicare un giro di parole privo di alcun senso, fatto allo
    scòpo di confondere le idee al proprio interlocutore.
  • Il progetto del film apparteneva a Pietro Germi, che non ebbe però la possibilità di realizzarlo a causa della prematura scomparsa[1].
  • Il film, nella concezione di Pietro Germi, era ambientato a Bologna; fu Monicelli a trasferire l’ambientazione a Firenze affidandosi ai ricordi di due fiorentini doc, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi,
    sceneggiatori che coinvolsero nella fase di scrittura i loro "compagni
    di merende", del resto molti dei fatti citati sono realmente successi[2].
  • Il giovane Carlo Vanzina figura come aiuto regista.
  • Philippe Noiret è doppiato da Renzo Montagnani che nei due seguiti del film interpreterà con successo il Necchi, sostituendo Duilio Del Prete[3].
  • I due Bar che appaiono nel film esistevano davvero. Quello in cui
    si svolge la prima scena del film era un piccolo locale all’angolo di
    via de’ Magliabechi, nel quartiere di Santa Croce,
    concesso volentieri per le riprese dai proprietari Renzo Sarti e
    Gastone Barelli. Il piccolo bar buffet era, in quegli anni, un luogo
    d’incontro di personaggi di tutti i generi e lì certamente fu subito
    compreso il senso dell’opera cinematografica che si stava compiendo. Le
    scene furono girate di notte coinvolgendo il giovane barista Sergio,
    alcune passeggiatrici locali ed il nonno Pesci che invitato dal regista
    a far finta di sonnecchiare si addormentò per davvero suscitando
    l’ilarità della troupe. Il Bar del Necchi, con annessa sala biliardo, era collocato in via dei Renai, a Firenze,
    nello storico quartiere San Niccolò. In seguito al successo del film
    prese il nome di Bar Amici Miei, nome che conservò sino alla fine degli
    anni ’90.
  • Sebbene giaccia morto sul letto è visibilissimo nel film il movimento respiratorio del torace di Philippe Noiret[4]. Questo particolare indusse molti spettatori a ritenere che quella del Perozzi non fosse altro che l’ennesima zingarata e il funerale nella scena conclusiva uno scherzo escogitato ai danni della perfida moglie.
  • Nel 2002 lo stesso Mario Monicelli ha diretto una riduzione teatrale del film con lo stesso titolo e i Gatti di Vicolo Miracoli protagonisti.
  • Una nota a "discapito" del Perozzi, ma da lì si intuisce da subito
    che razza di "zingaro" sia, è che subito dopo aver pronunciato la frase
    « Quando penso alla carne della mia carne, chissà perché, divento
    subito vegetariano », fa retromarcia ed imbocca tranquillamente una
    strada contromano!
  • Una palese incongruenza si rivela nel film durante la famosa scena
    della stazione: al momento di lasciare casa dopo una accesa discussione
    con la sua convivente, moglie separata del Sassaroli, Melandri è senza
    soprabito mentre Birillo (il gigantesco cane San Bernardo) viene
    costretto a restare nell’appartamento da un vigoroso calcione assestato
    dal Necchi. Alla stazione invece, il Melandri indossa il cappotto e il
    cane fa compagnia ai cinque del gruppo mentre questi si divertono a
    schiaffeggiare i passeggeri dei treni in partenza.
  • Il seminterrato dove si trasferisce il Mascetti con la famiglia è un garage situato all’Isolotto, nell’omonima piazza. Nato come quartiere popolare secondo il piano INA-Casa, l’Isolotto è rappresentato nel film come un luogo per persone povere.
  • Un’altra palese incongruenza, che si nota tra questo film ed il seguito,
    è quella del seminterrato del Mascetti. Nel primo Atto si vede che il
    Mascetti prende in affitto (per la prima volta e con l’aiuto degli
    amici) il seminterrato quando la figlia aveva pressapoco 12 anni, nel
    secondo atto si vede che la famiglia Mascetti vive nello stesso
    seminterrato (per un brevissimo giorno, insieme al figlio del Perozzi),
    quando però la figlia ha circa 2 anni, come da dichiarazione della
    madre.
  • Quando il narratore dice: « Il Mascetti ci convocò a Pescia
    con drammatica urgenza…..» e si vede contemporaneamente l’arrivo del
    Perozzi ed il Necchi davanti alla villa del Sassaroli, dove il Mascetti
    stesso li aspetta, la scena fu girata invece a Firenze all’inizio del
    viale Niccolò Machiavelli.
  • La famosa scena degli schiaffi ai passeggeri del treno in partenza
    non fu semplice da girare per la difficoltà degli attori che da basso
    non riuscivano ad arrivare all’altezza dei volti dei passeggeri,
    nonostante questi ultimi si sporgessero molto dal finestrino. Il
    regista Monicelli fu così costretto a far segare una parte dei
    finestrini del treno in modo che i passeggeri risultassero più bassi
    rispetto al livello del marciapiede.
  • Il personaggio che racconta la storia di ogni episodio, è quello al
    quale alla fine accade sempre qualche cosa. Nell’Atto I il Perozzi è il
    narratore, alla fine del primo il Perozzi muore; nell’Atto II il
    Mascetti è il narratore, alla fine del secondo atto il Mascetti viene
    colto da malore e rimane semiparalizzato (anche se nel terzo atto a
    volte la mano sinistra la muove bene); nell’Atto III il Necchi, che
    racconta la storia, lascia il suo bar per entrare nella casa di cura.
  • In Amici miei atto II vi è un errore nel famoso concerto del
    "vaffanzum". Infatti nella scena precedente uno dei protagonisti dice:"mi
    ero scordato della gara canora ad Arezzo"invece nella scena seguente su
    un cartello si vede il nome di gara canora Città di Pistoia.

Note [modifica]

  1. ^ Biografia di Pietro Germi
     
  2. ^ "Amici miei: la filosofia della zingarata"
     
  3. ^ Voci dei doppiatori
     
  4. ^ Bloopers – scheda "Amici miei" nota n. 749
     

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