Archive for April, 2008
Cinema Espanso # 1: The Tape Beatles – The Grand Delusion pt 1-11
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IL FEDERALE di L. Salce @ CPA (FI) 28.4.08 + nuove schede critiche
Posted by thx1138 in flyer, programmazione, video on April 24, 2008
Anne-Marie Deschott nel film "Il Fantasma Della Libertà" di Luis Bunuel
clicca sulle immagini per ingrandire
Schede critiche:
flyer:
bonus immagini:
Lunedi 28 aprile alla Sala Cinema del CPA Firenze Sud
Le Officine Cinematografiche presentano
"Il Federale" 1961 – Luciano Salce – Italia – b/n, 100′. 16mm
inizio film ore 22,30 dopo la intro di Jo – proiezione in pellicola 16mm (NO VIDEO – NO DVD)
cocktails + special drinks = Sara & Ale
http://www.youtube.com/watch?v=IBv4sAYdQK4
da http://it.wikipedia.org/wiki/Il_federale
Il federale
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Il federale
Titolo originale: Il federale
Paese: Italia
Anno: 1961
Durata: 100′
Colore: b/n
Audio: sonoro
Genere: commedia
Regia: Luciano Salce
Sceneggiatura: Castellano e Pipolo, Luciano Salce
Produttore: Dino De Laurentiis
Interpreti e personaggi
* Ugo Tognazzi: Primo Arcovazzi
* Georges Wilson: Professor Erminio Bonafé
* Stefania Sandrelli: Lisa
* Gianrico Tedeschi: Arcangelo Bardacci
* Luciano Bonanni: l’autista del bus
* Gianni Agus:
* Luciano Salce: tenente tedesco
* Ester Carloni:
Fotografia: Erico Menczer
Musiche: Ennio Morricone
Costumi: Giuliano Papi
« Buca… buca… buca con acqua! » | |
(Primo Arcovazzi alla guida del sidecar su una strada sconnessa)
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Il federale è un film del 1961 di Luciano Salce i cui protagonisti sono Ugo Tognazzi e George Wilson.
Il film è ambientato in Italia nel 1944, sul finire della guerra. Al fascista Primo Arcovazzi (Ugo Tognazzi),
ligio al dovere e aspirante al grado di federale, viene affidata la
missione di scovare il professor Erminio Bonafé, eminente filsofo
antifascista, e di condurlo a Roma.
Nel svolgere l’incarico il camerata attraversa assieme a Bonafé
un’Italia distrutta dalla guerra e si metterà più volte a confronto col
professore, uomo di grande cultura. Da questa avventura ne uscirà
cambiato però anche lo stesso Bonafé che finisce, come lo spettatore,
con lo stimare Arcovazzi in quanto uomo con dei principi che difende
con convinzione.
Alla sua uscita, nel 1961,
il film fece scandalo poiché dipingeva l’immagine di un fascista
diverso da tutti gli altri che si potevano vedere nei film di quegli
anni. Per la prima volta l’Arcovazzi fascista rappresenta semplicemente
un uomo che crede nei propri ideali e che anche in punto di morte non
li rinnega.
Collegamenti esterni [modifica]
- Scheda su Il federale dell’Internet Movie Database
"Le grandi regie del cinema – Giro del mondo in 80 e piu’ pellicole" parte V
Saluti dal vostro affezionatissimo
THX 1138
LA PASSIONE DI GIOVANNA D’ARCO di C.T. Dreyer @ sala cinema CPA (FI) 21.4.08
Posted by thx1138 in programmazione, video on April 21, 2008
Stasera lunedi 21 aprile 2008 alla sala cinema del CPA Firenze Sud in via Villamagna 27/a
le Officine Cinematografiche presentano
"La Passione di Giovanna D’Arco", un film di Carl Theodor Dreyer – Danimarca 1928 b/n 85′
proiezione a cura dello Zio Jo in pellicola cinematografica 16mm (NO DVD – NO VHS – NO VIDEO – CINEMA VERO!!!)
inizio film ore 22,30 dopo l’introduzione di Jo La Face, l’uomo con la testa piena di film
special drinks e cocktails by Sara e Ale a prezzi popolari
video da archive.org:
Lum # 58 "reid farrington’s passion dreyer" – http://www.archive.org/details/SamRenseiw-Lum58reidFarringtonsPassionDryer807
Cosas de mujeres / Women things – http://www.archive.org/details/cosas_de_mujeres-jjplano
da wikipedia l’enciclopedia libera
La passione di Giovanna d’Arco
Titolo originale: La passion de Jeanne d’Arc
Paese: Francia
Anno: 1928
Durata: 110′ (85′)
Colore: B/N
Audio: muto
Genere: drammatico
Regia: Carl Theodor Dreyer
Soggetto: Joseph Delteil
Interpreti e personaggi
* Renée Falconetti: Giovanna d’Arco
* Eugène Silvain: Pierre Cauchon, Vescovo di Beauvais
* Maurice Schutz: Nicolas Loyseleur, Giudice
* Antonin Artaud: Jean Massieu
* André Berley: Jean d’Estivet, pubblico accusatore
* Jean d’Yd: Guillaume Evrard
* Louis Ravet: Jean Beaupère
* Michel Simon: Jean Lemaitre
Fotografia: Rudolph Maté
Montaggio: Marguerite Beaugé, Carl Theodor Dreyer
Musiche: Richard Einhorn, Ole Schmidt
Costumi: Valentine Hugo
La passione di Giovanna d’Arco è un film muto del 1928 di Carl Theodor Dreyer, tratto dal romanzo Vie de Jeanne d’Arc di Joseph Delteil e dagli atti del processo.
Questo film ha subito diverse vicissitudini. L’originale andò accidentalmente distrutto in un incendio e Dreyer
rimontò la pellicola con tutte le scene tagliate in fase di montaggio
(per fortuna un’enormità). Quindi anche questa pellicola andò persa
dopo pochi anni.
Nel 1952
G.M. Lo Duca montò una versione (da molti ritenuta discutibile) della
durata di 85′, con aggiunta di commento musicale composto da brani di Albinoni, Vivaldi, Scarlatti ed altri, l’aggiunta del sonoro fu criticata da molti perché contraria alle precise indicazioni del regista che voleva un film muto e privo di musica di accompagnamento. Questa versione spesso viene trasmessa per televisione o venduta in VHS o DVD e molti la considerano erroneamente la versione originale.
Nel 1981 a sorpresa venne ritrovato in un istituto psichiatrico
norvegese una copia del negativo originale (quello distrutto
dall’incendio) e su questa copia si è lavorato per produrre una sorta
di "edizione definitiva".
Da notare che nella versione originale, che Dreyer concepì muta perché considerava il sonoro ancora poco affidabile, non era prevista nessuna musica d’accompagnamento.
Il compositore americano Richard Einhorn ha composto appositamente
la colonna sonora "Voices of Light" che è stata eseguita per la prima
volta in Italia al Meeting di Rimini il 19 agosto 2007.
Collegamenti esterni [modifica]
- Scheda su La passione di Giovanna d’Arco dell’Internet Movie Database
- Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che parlano di cinema
"Le grandi regie del cinema – Giro del mondo in 80 e piu’ pellicole" parte V
Saluti dal vostro affezionatissimo
THX 1138
14.4.2008 “ORDET (La Parola)” C.T. Dreyer @ CPA FI-Sud
Posted by thx1138 in programmazione, video on April 12, 2008
Le Officine Cinematografiche di Jo La Face presentano:
"ORDET (La Parola)" di Carl Theodor Dreyer – Danimarca – b/n, 124′
lunedì 14 aprile 2008 alla sala cinema CPA Firenze Sud
proiezione in pellicola cinematografica 16mm a cura dello zio Jo
inizio film ore 22,30 dopo l’introduzione dello zio
ingresso 2 € per le spese di noleggio e spedizione delle pellicole
Centro Popolare Autogestito Firenze Sud via Villamagna 27/a zona Gavinana vicino all’acquedotto
estratto dal film "Ordet":
http://www.youtube.com/watch?v=mnwCaOz4YLU
Ordet
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Ordet – La Parola
Titolo originale: Ordet
Paese: Danimarca
Anno: 1955
Durata: 124′
Colore: B/N
Audio: sonoro
Genere: drammatico
Regia: Carl Theodor Dreyer
Soggetto: Kaj Munk
Sceneggiatura: Carl Theodor Dreyer
Interpreti e personaggi
* Henrik Malberg: Morten Borgen
* Preben Lerdorff Rye: Johannes Borgen
* Brigitte Federspiel: Ingrid (moglie di Mikkel)
* Hemil Hass Christensen: Mikkel Borgen
* Ann Elisabeth Rud: Maren Borgen
* Cay Christiansen: Anders Borgen
* Sylvia Eckhausen: Kirstin Petersen
* Ove Rud: Pastore
* Gerda Nielsen: Anne Petersen
* Ejner Federspiel: Peter Petersen
* Henry Skjær: Dottore
* Edith Trane: Mette Maren
* Susanne Rud: Lelleinger Borgen
Fotografia: Henning Bendtsen
Montaggio: Edith Schlussel
Musiche: Poul Schierbeck
Scenografia: Erik Aaes
Premi:
* Leone d’Oro (1955)
* Golden Globe (1956) (Miglior film straniero, ex-aequo con altri due film)
* National Board of Review Awards 1957: miglior film straniero
Ordet (Ordet – La Parola) (1955) è il penultimo lungometraggio di Carl Theodor Dreyer. Ispirato all’omonima opera teatrale del pastore protestante Kaj Munk, ucciso dai nazisti durante l’occupazione della Danimarca, è sicuramente tra le opere più riuscite e di migliore fortuna di questo maestro della cinematografia
Indice
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Trama [modifica]
Morten, il patriarca della benestante famiglia Borgen, vive un
momento di crisi profonda nel suo rapporto con Dio: il primo figlio
Mikkel non crede, il secondo, Johannes, studente di teologia, è in preda ormai da tempo a turbe mistiche che lo portano a predicare come fosse una reincarnazione del Messia,
mentre il terzo, Anders, è pronto a sposarsi con una ragazza che è
figlia del più fervente sostenitore della confessione a lui avversa.
A dispensare la necessaria serenità nella fattoria Borgen c’è la
premurosa Inger, moglie di Mikkel, madre di due bambine ed incinta di
quel maschietto che Morten ha tanto chiesto al Signore.
Proprio mentre Morten ha una violenta lite col padre della promessa
sposa di Anders, Inger partorisce il bimbo morto e, dopo qualche ora di
agonia, muore anche lei.
La tragedia colpisce personalmente la coscienza di ognuno e non solo
appiana le liti precedenti, ma, agli occhi di tutti, restituisce la ragione a Johannes, che in realtà ha solo smesso di lanciarsi in imbarazzanti prediche.
Nel silenzio del dolore, nella stanza illuminata dall’intensa luce
dell’estate danese, mentre sono tutti raccolti attorno alla salma,
Johannes, spinto dalla fede della piccola Maren, chiede ed ottiene la resurrezione di Inger.
Commento [modifica]
L’austerità dell’ambientazione, essenziale sia negli interni che nei
pochi esterni, la collocazione in uno spazio-tempo indefinito, il
rigore formale e una lentezza tipici del cinema di Dreyer,
conferiscono quel tono solenne che scena dopo scena ci prepara al
commovente finale nel quale la sacralità della resurrezione della donna
si scioglie e confonde con la carnalità dell’abbraccio con il marito.
La fede incontaminata e senza pregiudizi di una bambina arriva laddove
la ragione degli adulti non permetterà mai di arrivare. Il rapporto con
la fede, la stupida contrapposizione tra diverse confessioni, la
centralità della figura femminile, temi sempre cari a Dreyer, sono
esposti nella forma espressiva di un cinema essenziale e rigoroso che è
perciò capace di esprimersi in maniera diretta ed efficace.
Ordet è considerato uno dei cinque capolavori di Dreyer (gli altri sono La passione di Giovanna d’Arco, Vampyr – il vampiro, Dies Irae e Gertrud) e molti critici lo inseriscono tra le pellicole migliori della storia del cinema.
Premi [modifica]
- Leone d’Oro (1955)
- Golden Globe (1956) come miglior film straniero (ex-aequo con altri due film)
Curiosità [modifica]
- Il giovane Kaj Munk scrisse l’opera teatrale in 4 atti Ordet in soli cinque giorni, commosso dalla vicenda di una giovane ragazza morta di parto.
- La prima rappresentazione teatrale si tenne a Copenaghen il 2 settembre 1932 e riscosse subito successo e l’apprezzamento di Dreyer
- Kaj Munk aveva pensato ad Henrik Malberg
per la parte di Morten Borgen. Ma l’attore, sotto contratto con un
altro teatro, non poté aderire al progetto. 23 anni dopo, ormai
ottantenne, Henrik Malberg interpretò la parte nel film di Dreyer. - Gli esterni sono stati girati a Vedersø, piccolo villaggio sulla costa occidentale dello Jylland.
- L’opera teatrale di Munk, era già stata portata sullo schermo nel 1943 per mano dello svedese Gustaf Molander. Film intitolato anch’esso Ordet, aveva come protagonista Victor Sjöström.
Collegamenti esterni [modifica]
- Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che parlano di cinema
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THX 1138
XXIII GLBT Torino Film Festival – 17/25 aprile 2008
Posted by thx1138 in vari altrove on April 6, 2008
XXIII GLBT Torino Film Festival – Da Sodoma ad Hollywood – 17/25 aprile 2008
Da sodoma a hollywood 2008
Anche quest’anno saro’ presente in quel del GLBT Torino Film Festival di Torino (arrivato alla sua XXIII edizione) che si svolgera’ dal 17 al 25 aprile. Quest’anno ho intenzione di fare una full immersion nel festival e di aggiornarvi quanto piu’ possibile (e quanto mi permetteranno di fare le mie forze) su queste pagine.
Se qualcun* dovesse essere in quel di Torino in quei giorni mi faccia sapere che ci si organizza.
A seguire il comunicato stampa ufficiale del festival (scaricabile anche in pdf), appena avro’ piu’ chiari orari e dettagli postero’ maggiori informazioni
Disclaimer: il GLBT Torino Film Festival e’ un’evento istituzionale, finanziato e patrocinato da regione, provincia e comune nonche’ da altre realta’ locali. Nonostante questo "limite" penso che sia sempre riuscito a presentare realta’, personaggi, film ed immaginari estremamente interessanti, variegati e sicuramente degni di nota in un panorama culturale come quello italiano attuale.
23° “Da Sodoma a Hollywood”
“Da Sodoma a Hollywood” Torino International GLBT Film Festival si avvia verso la XXIII edizione, la terza sotto il tetto della Mole, con il Museo Nazionale del Cinema per la gestione e l’organizzazione: 23 anni di ricerca di un cinema che esplora e costruisce l’immaginario queer. Grazie a uno sguardo acuto e sensibile, anno dopo anno il Festival è cresciuto diventando una delle principali finestre e occasioni di dialogo per la comunità glbt e il grande pubblico. Il Festival ha inoltre il merito di aver fatto conoscere in Italia le prime opere di registi come François Ozon, Gus Van Sant, Derek Jarman, Todd Haynes e, recentemente, Eytan Fox, Apichatpong Weerasethakul, Alain Guiraudie, Auraeus Solito e Brillante Mendoza.
Concorso Internazionale
Tre sezioni competitive: lungometraggi, corti e documentari. Tre giurie internazionali (una per sezione) assegnano il Premio Ottavio Mai al miglior lungometraggio e un premio alla miglior opera delle altre sezioni. Per ogni sezione competitiva è previsto anche un premio del pubblico.
Panorama
Tre sezioni non competitive (lunghi, corti e doc) con la più recente e interessante produzione in pellicola e in video.
La Retrospettiva: “ j-ender: big bang love in Japan”
Una immersione inedita, nell’impero dei segni e dei sensi. Da Sodoma a Hollywood e NEO(N)EIGA presentano per la prima volta in Europa una retrospettiva che percorre, lungo le trame del genere e dei generi, la storia del cinema giapponese dagli anni 60 a oggi e di riflesso la cultura del Sol Levante.
Dalla libertà artistica e di costumi della cosiddetta nuberu bagu (la nouvelle vague giapponese) passando attraverso il teatro tradizionale ed il soft core politico e spiazzante dei pinku eiga, il travestitismo e schegge deliranti di cultura pop, fino ad arrivare ad Anime dove attraverso i cartoon viene aperto un mondo di desideri e passioni che difficilmente potrete trovare altrove.
Il cinema si fa lente capace di avvicinare il nostro sguardo di “osservatori distanti” a un Paese e a una cultura la cui complessità si svela negli infiniti paradigmi della sua auto-rappresentazione.
Gli Omaggi
Sébastien Lifshitz: L’eterno road movie
Uno dei personaggi più interessanti del cinema contemporaneo francese, Sébastien Lifshitz, sarà a Torino per raccontare le storie dei suoi film: quelle di giovani dal passato inquieto e alla continua ricerca dell’equilibrio; quelle di giovani in fuga, protagonisti di road movie esistenziali pieni di spiritualità, ma anche di fisicità, a volte unico mezzo d’espressione per il contatto umano. La gioventù, sradicata e ridotta a piccoli frammenti di vita, diventa l’unico tempo possibile della manifestazione dell’Io e delle illusioni non consolabili. Dai primi cortometraggi, tra cui Il faut que je l’aime (1996) e Les Corps ouverts (1998), vincitore del premio Jean Vigo, fino a Presque rien (Quasi niente, 2000), uno dei film più amati dalla comunità gay, e Wild Side (2004), titolo-omaggio ai drop-out di Lou Reed, una delle massime rappresentazioni del cinema queer non rivendicato come genere ma come cinema d’appartenenza alla totalità dei sentimenti.
Stanley Kwan: identità e desiderio
Documentario o fiction, la produzione di Stanley Kwan traccia un percorso unico e fondamentale nella cinematografia di Hong Kong nei due decenni a cavallo dell’annessione alla Cina Popolare. I protagonisti dei suoi film raccontano la Storia in chiave intima, ne vivono in prima persona le lacerazioni, ce la restituiscono attraverso intarsi di storie personali. I corpi attraversano il passaggio del tempo e il mutamento delle città (Hong Kong, Pechino, Shanghai), forti dell’antico sogno di preservare la bellezza e, per amore, infondono alle immagini la struggente magia del desiderio. La passione che alimenta il cinema di Stanley Kwan si insinua come una brezza leggera da una finestra socchiusa che silenziosa cresce, crea assuefazione e all’improvviso scardina gli equilibri precari dell’esistenza. Tra i film dell’omaggio, presentati a Torino dal regista stesso, Hold You Tight (1997), Lan yu (2001) e Everlasting Regret (2006).
Joe Oppedisano
Uno dei personaggi più interessanti del fashion world statunitense. Inizia la sua carriera come assistente di Robert Bryan e si fa conoscere nell’ambiente lavorando per riviste come Vanity Fair, L’Uomo Vogue e W. Ha vestito star come Ricky Martin e Carol King. Diventa famoso come fotografo sia nel campo della moda, come collaboratore del New York Times Magazine e di Vibe, che dell’editoria gay, firmando servizi regolarmente per BUTT, Gay Times, Pref e Männer Aktuell. I suoi lavori fotografici sono pubblicati anche su prestigiosi volumi d’arte come Self Exposure (2005, Rizzoli) e History of Photography 1840-2005. La sua ultima monografia, Testosterone (2006, Bruno Gmünder) è un best-seller negli USA, dove è andata esaurita nel giro di poche settimane. Al Festival, Joe Oppedisano presenta i suoi due ultimi lavori video: il videoclip That’s Me (2008), singolo dell’ultimo album di Colton Ford, ex attore hard ora cantante dance di successo, anch’egli presente al Festival, e Knockout (2008), making of di uno dei calendari più desiderati dalla comunità gay di tutto il mondo.
Parker Williams
Amato e desiderato da tutti i numerosi estimatori dei suoi film, prima solo attore ora anche regista, Parker Williams, star dell’industria XXX americana e volto di case come Raging Stallions Studios, Falcon e Titan sarà a Torino a presentare il suo lavoro d’esordio alla regia, Lube Job (2005), e la sua performance d’attore nella commedia teatrale Cell Block Q. Dopo otto anni dall’inizio della sua carriera, e dopo gli studi in campo cinematografico, insieme a Matthew Rush, sta creando una sua casa di produzione chiamata Savage Monkey, dedicata all’intrattenimento e al cinema gay a 360 gradi.
Music & Movie Icons: Alaska, la Reina del Glam
Nel film Pepi, Luci, Bom y otras chicas del montón (Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, 1980) Olvido Gara interpreta la parte di una giovane artista che scarica una lluvia dorada, una pioggia di pipì, sulla moglie masochista di un poliziotto.
Una scena rimasta per sempre nella memoria del cinema spagnolo e non.
Olvido Gara, meglio conosciuta come Alaska, è l’enfant prodige della Movida madrileña. Più tardi sarà considerata la musa del movimento. Nata in Messico, nel 1963 e trasferitasi a Madrid nel 1973, a soli 15 anni fa parte del gruppo musicale Kaka de Luxe, dalle cui ceneri all’inizio degli anni ‘80 nasce il gruppo Alaska y los Pegamoides. In quel periodo i bambini spagnoli ricorderanno Alaska nella presentazione di gusto tutto gotico dell’innovativo programma pomeridiano per ragazzi La Bola de Cristal (La sfera di cristallo), trasmesso dalla Televisión Española. Oggi insieme al compositore Nacho Canut è la cantante del gruppo electro-pop Fangoria, figlio del gruppo Alaska y Dinarama. Il loro ultimo disco, El extraño viaje, del 2006, ha scalato le classifiche spagnole. Il Festival vuole ripercorrere la carriera di questa artista completa che, insieme ad Almodóvar, è una dei protagonisti dell’epoca che meglio si è saputa adattare e reinventare nel post-Movida, come cantante, attrice, presentatrice, imprenditrice e influente intellettuale.
Europa Mon Amour: “Fantasmas do amor”
Un viaggio in Portogallo, terra di confine d’Europa, territorio d’amore e di desiderio imprigionato. La scoperta di un cinema-garage, pre-almodovariano e fuori legge nei lavori di Óscar Alves, realizzati tra la metà e la fine degli anni settanta; il cinema degli anni ottanta, con i film di Joaquim Pinto, tra cui Onde Bate o Sol (1989) con Laura Morante, uno dei titoli più significativi della cinematografia portoghese queer, e Na pedra no bolso (1988), uno dei più belli; i fiammeggianti ritratti notturni di Paulo Rocha nel suo A Raíz do Coração (2000); fino a João Pedro Rodrigues, a Torino con O Fantasma (2000), uno dei più amati-odiati dalla comunità gay, e Odete (2005). In collaborazione con Queer Lisboa.
Classici & Moderni: scelti da Giovanni Minerba
Poco o quasi mai visti; o forse troppo, ma mai abbastanza. Una selezione di 9 film, scelti tra i più belli, o semplicemente per ricordi personali. Immagini sparse: a volte casuali, altre necessarie. Come quelle dei film scelti per ricordare Philippe Noiret (Gli occhiali d’oro, 1987, di Giuliano Montaldo) o Michel Serrault (La cage aux folles-Il vizietto, 1978, di Edouard Molinaro) entrambi scomparsi durante l’anno scorso. O ancora Malanoche in versione restaurata (1986), il film d’esordio di Gus Van Sant e primo vincitore del Festival, la poesia della Trilogia di Terence Davies (The Terence Davies Trilogy) fino al folgorante Madame Satã (2002) di Karim Ainouz, davvero troppo poco visto.
Voice Over
La sezione, nata tre anni fa per promuovere il cinema più sperimentale, anti-narrativo e la video-arte, dà spazio a una serie di artisti e registi di fama internazionale, del passato e del presente, il cui lavoro analizza i vari aspetti e caratteri dell’identità queer.
Terence Koh: Uno dei giovani artisti più rappresentativi del panorama contemporaneo statunitense. Nella sua breve carriera ha già raccolto numerose mostre personali nei più prestigiosi spazi museali del mondo tra cui The Whitney Museum of American Art, The Royal Academy of Arts e Kunsthalle Zürich. Le sue opere sono già presenti nelle più rappresentative collezioni di arte contemporanea, pubbliche e private, come ad esempio quella di Charles Saatchi. Il Festival rende omaggio a Terence Koh, con il supporto della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, presentando God (2007), che si può considerare un vero e proprio film-manifesto di tutta la poetica dell’artista, sempre in bilico tra una forte sensibilità decadente e l’estetica della contro-cultura giovanile.
Guy Maddin: Con il suo progetto intitolato Workbooks, il regista canadese offre piccole perle di bellezza cinematografica attraverso una serie di cortometraggi ricchi di spunti estetici e melodramma.
Vincent Dieutre: L’ultimo film di Vincent Dieutre, Después de la revolución (2007), sarà presentato a Torino dal regista stesso: video-diario di un viaggio in Argentina tra ricordo e desiderio.
Patrick Carpentier: Uno dei registi più promettenti di oggi, torna al Festival a presentare due video d’esordio e i primi due capitoli della trilogia L’Irrégularité de la déchirure, dopo averne presentato il terzo, Combat, in concorso, nel 2006.
Peter de Rome: Un particolare omaggio viene reso a Peter De Rome, con la presentazione dei suoi The Erotic Films (1969-1972). Immagini in Super 8 dove convivono arte ed erotismo, i piccoli film di Peter De Rome, acclamati dalla critica e apprezzati da importanti personaggi come Andy Warhol e William Burroughs, sono ancora oggi considerati una vera e propria rarità.
Due i programmi speciali della sezione:
Die Young Stay Pretty
Programma video che indaga le inquietudini e l’estetica del mondo giovanile. Gli spunti arrivano dalla musica con tra gli altri il videoclip Elvis (2007) dei These New Puritans, pupilli del fashion designer della maison Dior, Hedi Slimane; dall’arte con Bruce LaBruce e Slava Mogutin; dal cinema con Pascale Robitaille, giovane cineasta canadese che si è fatto conoscere in numerosi festival internazionali con il suo Dogme 41: Lonely Child, primo film canadese realizzato secondo le regole del manifesto Dogma 95 di Lars von Trier, che al Festival presenterà in anteprima il suo ultimo lavoro Le Gout de néant (2007) e una piccola selezione di cortometraggi.
Lovett/Codagnone: A Personal Shout
John Lovett e Alessandro Codagnone, il duo italo-americano già omaggiato al Festival nella passata edizione, sono quest’anno invitati come curatori a presentare una selezione di video. Il programma, dal titolo A Personal Shout, include tra gli altri lavori di artisti come Shahryar Nashat, Glen Fogel, Monica Bonvicini e Assume Vivid Astro Focus.
Tra gli altri lavori spiccano Brüder, laßt uns lustig sein (2006) del regista austriaco Ulrich Seidl, autore dei bellissimi Canicola e Import-Export, La Camera (2006) di Rä di Martino, con Filippo Timi, Entracte (2007) di Yann Gonzalez, Induction (2006) di Nicolas Provost, Patterns Trilogy (2005-2006) di Jamie Travis, menzione speciale al Festival lo scorso anno con The Saddest Boy in the World, e New York Story (2007) di Nicolas Jenkins, documentario poetico sulla vita di Genesis P-Orridge.
Compagne di scuola
Un excursus da Mädchen in Uniform (1931) di Leontine Sagan a Naissance des pieuvres (2007) di Céline Sciamma sul visitatissimo tema letterario e cinematografico dell’amore che sboccia tra le mura di scuola. Al suo interno, e introdotto dal documentario It’s Still Elementary di Debra Chasnoff e Johnny Simons, sarà organizzato un workshop per educatori e insegnanti impegnati ad affrontare le tematiche LGBTQ nelle scuole. Alcuni titoli: Olivia (Jaqueline Audry, 1951), The Children’s Hour (William Wyler, 1961), Loving Annabelle (Katherine Brooks, 2006).
Jodie: un’icona
Una serata dedicata al talento di Jodie Foster, attrice capace da sempre di incarnare un’icona lesbica pur non avendo mai interpratato film a esplicita tematica. Il documentario di Pratibha Parmar Jodie: An Icon racconta come questo sia avvenuto nel corso di più di trent’anni di carriera. Hotel New Hampshire di Toni Richardson, maestro del Free Cinema inglese, è a torto uno dei titoli meno noti in Italia e mostra una giovane Jodie ben disposta a giocare con l’identità queer.
Premio Speciale a Andrea Sperling
Dopo Andrea Occhipinti, Paul Vecchiali e Lino Banfi, il Premio Speciale del Festival va all’americana Andrea Sperling, produttrice di circa trenta tra lungo e cortometraggi, molti dei quali a tematica glbt, che ha iniziato la sua carriera con i primi due film di Gregg Araki, The Living End (1992), e Totally F***ed Up (1993). Recentemente ha prodotto, tra gli altri, D.E.B.S (2004) di Angela Robinson e l’anno scorso, Itty Bitty Titty Committee, firmato da Jamie Babbit, sua compagna di vita. In occasione della consegna del premio, il Festival ripropone But I’m a Cheerleader (1999), il primo successo di pubblico diretto da Jamie Babbit. Entrambe saranno presenti a Torino.
The Angelic Conversation: A Live Performance in Memory of John Balance
In collaborazione con Musica 90, un omaggio dedicato al connubio artistico Derek Jarman/Coil e alla figura di John Balance, uno dei membri fondatori del gruppo, scomparso nel 2004. L’appuntamento è incentrato sulla proiezione di The Angelic Conversation, capolavoro di Derek Jarman, per il quale i Coil composero le musiche originali nel 1985.
Per l’occasione Peter Christopherson and The Threshold HouseBoys Choir accompagna la proiezione del film, rimusicandolo in una live performance appositamente creata per questo progetto e supportata dal prezioso intervento di amici storici del gruppo come David Tibet dei Current 93 e Ivan Pavlov/COH. L’appuntamento è previsto per il 16 aprile 2008, come serata di pre-apertura del Festival.
FAT CITY di J. Huston @ sala cinema CPA FI-Sud
Posted by thx1138 in programmazione, video on April 2, 2008
Fat City – scena iniziale del film
7 aprile 2008
Le Officine Cinematografiche di Jo La Face presentano:
"Città Amara" (Fat City) 1972 – John Huston – USA – col. 100′ 16mm
Proiezione in pellicola cinematografica a cura dello zio Jo
Inizio film ore 22,30 dopo l’introduzione dello zio; arrivate puntuali che Jo si arrabbia!
Special drinks and cocktails by Sara & Alessio
Alla sala cinema del CPA Firenze Sud in via Villamagna 27/a – Firenze, zona Gavinana
bus: 3 8 23 31 32 33
Fat City (film)
From Wikipedia, the free encyclopedia
Fat City
Directed by John Huston
Produced by Ray Stark
John Huston
Written by Leonard Gardner
Starring Stacy Keach
Jeff Bridges
Susan Tyrrell
Candy Clark
Cinematography Conrad L. Hall
Editing by Walter Thompson
Distributed by Columbia Pictures
Release date(s) July 26, 1972
Running time 100 minutes
Country United States
Language English
Fat City (1972) is an American boxing drama film directed by John Huston. The picture stars Stacy Keach, Jeff Bridges, and Susan Tyrrell.[1]
The movie, one of John Huston’s later triumphs, is based on the boxing novel Fat City (1969) by Leonard Gardner, who also wrote the screenplay.
Tyrrell received an Oscar nomination as the world weary Oma.
Contents
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Plot
The film tells of alcoholic
farm laborer Tully (Keach) who lives with Oma (Tyrrell) and is trying
to make a boxing comeback. Yet, his personal problems overpower him.
Fellow Stockton resident and fighter Ernie (Bridges) takes Tully’s advice to join Ruben’s (Nicholas Colasanto) gym and make something of himself.
Learning the lesson that "winning is not as easy as it sounds,"
Ernie is determined to get what he can out of boxing and, unlike Tully,
not let set-backs get the best of him.
Background
The film was shot mostly in Stockton, California. According to the Stockton newspaper The Record‘s website, Stockton and the surrounding San Joaquin County
was once a desirable place to shoot films due to its varied landscapes
within considerably short distances of one another. In fact, many films
have been filmed in the city and county.
Another factor was the smaller production fees that had to be paid to the county by the producers.
The drama is featured in the documentary Visions Of Light: The Art Of Cinematography (1992) for Conrad L. Hall‘s use of lighting.
Cast
- Stacy Keach as Tully
- Jeff Bridges as Ernie
- Susan Tyrrell as Oma
- Candy Clark as Faye
- Nicholas Colasanto as Ruben
- Art Aragon as Babe
- Curtis Cokes as Earl
- Sixto Rodriguez as Lucero
- Alfred Avila as Lucero’s coach
- Billy Walker as Wes
- Wayne Mahan as Buford
- Ruben Navarro as Fuentes
Distribution
The film premiered in the United States on July 26, 1972.
The film was screened at various film festivals, including: the Cannes Film Festival, France, the Palm Springs International Film Festival, USA; and others.
Critical reception
Critic Vincent Canby, film critic for The New York Times, liked the film and John Huston’s direction, and wrote, "This is grim material but Fat City is too full of life to be as truly dire as it sounds. Ernie and Tully, along with Oma (Susan Tyrrell),
the sherry-drinking barfly Tully shacks up with for a while, the
small-time fight managers, the other boxers and assorted countermen,
upholsterers, and lettuce pickers whom the film encounters en route,
are presented with such stunning and sometimes comic accuracy that Fat City transcends its own apparent gloom."[2]
Roger Ebert
liked the film as well and he makes the case it’s one of John Huston’s
best films. He also appreciated the acting performances. Ebert wrote,
"[Huston] treats [the story] with a level, unsentimental honesty and
makes it into one of his best films…[and] the movie’s edges are
filled with small, perfect character performances."[3]
Awards
Wins
- Kansas City Film Critics Circle: KCFCC Award Best Actor Stacy Keach, (tied with Marlon Brando for The Godfather); 1972.
Nominations
- Academy Awards: Oscar; Best Actress in a Supporting Role, Susan Tyrrell; 1973.
References
- ^ Fat City at the Internet Movie Database.
- ^ Canby, Vincent. The New York Times, film review, July 27, 1972.
- ^ Ebert, Roger. Chicago Sun-Times, film review, January 1, 1972.
External links
- Fat City at the Internet Movie Database.
- Fat City at All Movie Guide.
- Fat City at Rotten Tomatoes.
- Fat City at Film Noir of the Week.
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